ECC.MO CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
MINISTRO DELLA GIUSTIZIA
Il Sottoscritto, Giovanni AMADUCCI, nato a Boston(USA) il 1.3.64 e residente a Firenze in XXX, espone quanto segue:
1) In un’intervista pubblicata su ‘la Repubblica-Firenze’ del 26.3.19 vengono riportate le seguenti dichiarazioni di Vittorio Cecchi Gori: “Quella storia non è ancora finita. I miei avvocati ancora non si arrendono. Mi hanno fatto pagare la questione dei diritti tv. Mi hanno chiesto 90 miliardi da trovare in 48 ore” (allegato 1). Nell’esposto inviatoVi il 17.3.17, tra gli allegati era stata inclusa anche la raccomandata alla Procura di Catania del 16.10.15 in cui, riguardo all’azienda Apis Niger, si voleva “mettere in evidenza come l’obbiettivo fosse quello di togliere alla suddetta azienda ogni flusso di cassa per metterla in ginocchio. Stessa strategia peraltro messa in atto nei confronti di Vittorio Cecchi Gori, all’epoca proprietario della Fiorentina e di TMC, poi divenuta LA7. Con la coincidenza della presenza dei suddetti magistrati fiorentini in ambedue le inchieste. E praticamente in contemporanea”. I due magistrati a cui di faceva riferimento erano il PM Gabriele Mazzotta ed il GIP Antonio Crivelli. Come è inutile fare nomi e cognomi quando nel sopracitato articolo de ‘la Repubblica-Firenze’ l’intervistato prosegue affermando quanto segue: “Credo semplicemente che in alcuni momenti gli interessi di alcuni personaggi si possono coalizzare per fare fuori chi rovina il gioco”.
Ad uno di questi “personaggi” del mondo mediatico, il Sottoscritto inviò una raccomandata l’11.4.05 (allegato 2).
2) Sarà una coincidenza ma circa due mesi dopo la sopracitata raccomandata alla Procura catanese, ed inviata via email* pure a matteo@governo.it per presa conoscenza, nei confronti dell’editore Mario Ciancio Sanfilippo fu dichiarato il non luogo a procedere. Ed a differenza della vicenda siciliana – dove quantomeno dopo il ricorso in Cassazione della Procura di Catania il summenzionato editore prima del rinvio a giudizio è stato giustamente assegnato ad un altro GIP – in quella fiorentina dopo il secondo ricorso in Cassazione il fascicolo è tornato nelle mani dello stesso GIP che, non potendo contraddire se stesso, ovviamente ha archiviato. Ma non va sottaciuto, cosa che per brevità non era stata inclusa nell’esposto del 17.3.17, il tentativo di ricusare quest’ultimo, invano, al cospetto della Corte di Appello di Firenze (allegato 3).
3) Nella riposta del 23.6.17 (Pratica n° 181/RE/2017) al suddetto esposto si legge che “Il Consiglio Superiore della Magistratura può solo disporre, su proposta della Prima Commissione, che è organo diverso e separato dalla Sezione Disciplinare, il trasferimento d’ufficio dei magistrati ‘quando per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità’ ai sensi dell’art. 2 R.D. Lgs., 31 maggio 1946, n.511”. Oltre a rinnovare l’invito a considerare l’incompatibilità ambientale della GIP catanese, stando così le cose andrebbe chiesto al Consiglio Superiore della Magistratura su quali basi siano state applicate le modalità del “trasferimento d’ufficio” dalla Procura di Trani a quella di Roma nei confronti del PM Antonio Savasta, che come riporta il settimanale ‘Panorama’ del 27.3.19, è stato “arrestato il 14 gennaio scorso per corruzione in atti giudiziari” insieme al suo collega Michele Nardi (allegato 4). Se i due magistrati potevano “svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità” non si capisce chi, come, e perché abbia concesso loro il trasferimento rispettivamente presso il Tribunale e Procura di Roma; viceversa, se questi ultimi non potevano “svolgere le proprie funzioni”, si sottopone nuovamente il problema del motivo per cui i due siano stati oggetto di arresti domiciliari da parte della Procura di Lecce senza che il C.S.M. si accorgesse di nulla. Sul comportamento del C.S.M., in merito ad altre vicende, si riporta il giudizio di Fiammetta Borsellino: “Il Csm sul piano disciplinare non ha fatto nulla e quando si è deciso non l’ha fatto di sua iniziativa ma solo su input di noi familiari e questo per me è abominevole” (‘il Fatto Quotidiano’, 12.4.19).
4) Sempre nella Vostra risposta del 23.6.17 si legge che “I provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati sono, invece, adottati dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura – nelle ipotesi in cui il magistrato abbia tenuto una condotta contraria ai propri doveri sia fuori sia nell’esercizio delle funzioni – su richiesta, in via esclusiva, del Ministro della giustizia e del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione”. Sembra che l’attuale Ministro, che formalmente riceve in copia il presente esposto, si sia subito attivato nel chiedere al C.S.M. la sospensione dei sopracitati magistrati della Procura pugliese; il Sottoscritto invece, pur avendo esperito la medesima procedura tramite Ministero di Giustizia e Procura Generale presso la Cassazione, non ebbe la stessa fortuna nel 2003 nei confronti del PM fiorentino, Dott. Mazzotta (Ministro Castelli), e neanche nel 2017 nei confronti della PM genovese, Dott.ssa Camaiori (Ministro Orlando).
5) La Vostra risposta di giugno 2017 è stata inclusa come allegato ad una raccomandata inviata al Presidente della Repubblica il 13.7.17, nonché depositata il medesimo giorno a mano presso lo stesso C.S.M., dove alla fine si accennava una ad una “sempre più labile separazione tra potere politico, giudiziario e mediatico”. Il Presidente della Repubblica avrà avuto i suoi motivi istituzionali per non rispondere e non smentire quanto affermato, ma a proposito di separazione dei poteri, nonché delle carriere, chi è iscritta al Foro a difesa dell’editore catanese, non solo risulta essere Senatrice della Repubblica, ma è attualmente anche Ministro della Pubblica Amministrazione. La presente missiva è anche un invito di autoriforma, per quanto possibile, sulle nomine dei membri laici, nonché dei vicepresidenti che, fino a prova contraria, hanno visto questi ultimi quasi sempre come facenti funzione del mondo politico.
6) Qui non si pretende cavalcare le motivazioni della sentenza sulla trattativa Stato-mafia, depositate lo scorso luglio dalla Corte di Assise di Palermo, però occorre partire da due dati oggettivi, senza ovviamente addossare al singolo cittadino siciliano alcuna responsabilità. Il primo dato è che Catania risulta essere una delle città d’Italia col tasso più basso di raccolta differenziata (circa il 10%). Il secondo dato è che “Sono stati stanziati 80 miliardi, tra risorse di Bruxelles (soprattutto il Fondo europeo di sviluppo regionale, FESR, e il Fondo sociale europeo, FSE) e cofinanziamenti nazionali: a fine ottobre 2018 il grado di avanzamento dei progetti avviati era appena del 32%, la spesa del 12,62% (nel Sud solo del 7,69%, in Sicilia del 2%)” (Antonio Calabrò, ‘Europa nonostante tutto’, Ed. La nave di Teseo).
7) A seguito dell’esposto del 17.3.17 l’Assemblea Plenaria del C.S.M. ha quindi deliberato che “non ci sono provvedimenti di competenza del Consiglio da adottare in quanto trattasi di censure ad attività giurisdizionale” e che i magistrati “sono soggetti, come qualunque altro cittadino nel caso in cui violi la legge, al giudice ordinario civile e penale” e che il cittadino può “esperire tutti i rimedi, nel rispetto delle forme e dei modi, previsti dalla legge ordinaria”. Come ribadito al Presidente della Repubblica il 13.7.17, qui non vi è stata alcuna attività giurisdizionale in quanto il fascicolo è rimasto illibato per oltre nove anni presso la Procura genovese. E comunque quanto affermato nella delibera risulta essere in contraddizione con quanto riportato da ‘La Stampa’ del 14.4.19, dove lo stesso C.S.M. ha votato una pratica a “tutela dell’indipendenza e del prestigio” di un magistrato (il giudice Sergio Romito di Monza), questi “aggredito, denigrato, offeso, diffamato” da una “falsa rappresentazione mediatica” da parte delle “Iene”, per la vicenda dell’imprenditore Sergio Bramini, “fallito per colpa dello Stato”; per concludere che, scrive sempre il C.S.M., è falso che l’azienda di quest’ultimo “sia stata fatta fallire per le inadempienze di enti pubblici” (allegato 5). Tornando alle ragioni del presente esposto, è vero che in teoria un cittadino potrebbe seguire la “legge ordinaria” nei confronti di un magistrato – e non è detto che chi scrive non lo faccia – ma sarebbe altrettanto miope non analizzare la vicenda in tutta la sua interezza dove, in estrema sintesi, un cittadino ha dovuto, metaforicamente parlando, ingoiare prima gli ‘arrosti’ della Procura e Tribunale di Firenze, poi le ‘conserve’ della Procura di Genova. Nel primo caso, visto che come accennato sopra è lo stesso C.S.M. a criticare la “rappresentazione mediatica”, giova ricordare che all’indomani del sequestro de ‘La Sicilia’ di Catania e delle azioni de ‘La Gazzetta del Mezzogiorno’ di proprietà di Ciancio Sanfilippo, il Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero de Raho ha dichiarato che “Le mafie investono nell’editoria per indirizzare l’informazione” (‘il Fatto Quotidiano’, 25.9.18): non si dimentichi che nell’esposto presso la Procura di Firenze dell’aprile 1997 si denunciava come Apis Niger vantasse crediti proprio nei confronti del suddetto quotidiano barese per “Lire 886 milioni”. Nel secondo caso (Genova), normalmente un PM se non ha nulla su cui indagare fa una richiesta di archiviazione entro dei tempi ‘ragionevoli’ (art. 111 Costituzione). Non aspetta nove anni, per giunta in concomitanza con la richiesta di rinvio a giudizio di Ciancio Sanfilippo di aprile 2015, rendendo (colposamente?), come affermato a suo tempo dal capo dei GIP genovesi Dott. Devoto, il tutto “tecnicamente improcedibile” per via della prescrizione. In definitiva quindi non è peregrino ipotizzare che l’azienda Apis Niger, di cui il Sottoscritto era socio, “sia stata fatta fallire”, anche “per le inadempienze di enti pubblici”, cioè lo Stato. Chi a suo tempo avallò la creazione di un’azienda concorrente ad Apis Niger, ed in concomitanza con le rimostranze del quotidiano barese nei confronti di quest’ultima, fu il Giudice Puliga (allegato 3, esposto del 17.3.17 ), condannato in via definitva.
“Qui sul banco degli accusati sono l’amministrazione e il sistema giudiziario italiani” (Piergaetano Marchetti, ‘Europa nonostante tutto’).
Tutto ciò premesso,
si porta a conoscenza dei fatti summenzionati Codesto Ecc.mo Collegio, Le SS. LL. affinché vengano valutate le eventuali inadempienze e omissioni da parte sia dell’Ordine Giudiziario fiorentino che genovese – e non solo – orientati a non far rispettare la “ragionevole durata” prevista dalla legge (art. 111 Costituzione), o del diritto comunitario, che hanno così impedito una corretta valutazione dei danni patiti prima, durante e dopo la messa in liquidazione dell’azienda in questione.
Documenti allegati:
1) Articolo ‘la Repubblica-Firenze’ del 26.3.19; 2) Raccomandata dell’11.4.05; 3) Ricusazione GIP presso Corte di Appello Firenze del 26.11.03; 4) Articolo ‘Panorama’ del 27.3.19; 5) Articolo ‘La Stampa’ del 14.4.19;
Firenze, 24.4.19
*la casella di posta elettronica di cui sopra non è più accessibile dal 23.1.19; di ciò ne è stato informato anche il Garante per la Privacy (Rif. 135278)