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Firenze, 24.8.21
“C’è la rete Obama-Clinton dietro il disastro”, così titola il suo pezzo Stefano Graziosi su ‘LaVerità’ del 22.8.21 in merito alla caduta di Kabul.
Due elementi possono aiutare a capire meglio il recente epilogo afgano.
Il primo è il discorso di commiato del Presidente USA Eisenhower che ad inizio 1961 mise in guardia il popolo americano dalla presenza di un “complesso militare-industriale”: “Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione di poteri metta in pericolo le nostre libertà o processi democratici. Non dobbiamo presumere che nessun diritto sia dato per garantito. Soltanto un popolo di cittadini all’erta e consapevole può esercitare un adeguato compromesso tra l’enorme macchina industriale e militare di difesa ed i nostri metodi pacifici ed obiettivi a lungo termine in modo che sia la sicurezza che la libertà possano prosperare assieme…”.
Di questi intrecci se ne è accorta anche Concita De Gregorio che nel suo spazio giornaliero intitolato per l’occasione ‘Non è successo in nove giorni’ (‘la Repubblica’, 22.8.21) nel commentare gli ‘Afghanistan Papers’ scrive che “…le persone direttamente coinvolte sul fronte di guerra erano indotte a mentire… Di fatto, dunque, la corruzione dilagante, i traffici illeciti – di droga di materie prime di armi e non solo – la lentezza e l’incertezza del cosiddetto processo di democratizzazione erano sotto gli occhi di tutti coloro che ne avevano conoscenza diretta, di chi era sul posto”.
Il secondo elemento è ciò che ha ispirato il libro di Zephyr Teachout ‘Corruption in America’ (2014), e cioè la sentenza ‘Citizens United’ della Corte Suprema americana che, come riporta un sito di ispirazione liberale qual è il centro studi Luigi Einaudi, “pesa come un macigno sul sistema elettorale americano e sulla credibilità della democrazia degli Stati Uniti. Con quella decisione… la Corte spianava la strada all’ingresso nelle campagne elettorali di spese illimitate da parte di grandi aziende”.
Per il direttore del Genocide studies program di Yale, Ben Kiernan, era “legittima la risposta alle Twin Towers”, ma tale “risposta Usa è stata iper-aggressiva, hanno creato un caso per invadere anche l’Irak, sostenendo falsamente che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa, un’invasione su larga scala che non era sostenuta dalle Nazioni Unite ed era, secondo le leggi internazionali, illegale… l’intervento Usa ha finito per creare una reazione musulmana in Irak” (‘L’Espresso’, 22.8.21).
Ma tutta questa aggressività era forse foraggiata dalle “grandi aziende”, o meglio da questa “combinazione di poteri”?
Poi giungono a strascico i liberali del giorno dopo, come Pierluigi Battista, che intervistato da ‘LaVerità’ (23.8.21) con toni da crociata ci avvisa “Addio Occidente, saremo tutti cinesi… il mondo nato a Pearl Harbour muore a Kabul”, arrivando a prendersela con l’ultimo della fila come l’ex Premier Conte anche per aver sponsorizzato la ‘Via della Seta’: ma dove erano i paladini dell’Occidente quando ad esempio nel 2014 c’era chi vendeva a State Grid of China il “35% di Cdp-Reti per due miliardi” (‘formiche’, 2.4.19)?
Dopo il compitino elettorale da parte dell’articolista de ‘LaVerità’, gliene diamo uno ancor più facile: quale amministrazione USA ha messianicamente dato nome ad un’operazione nell’ottobre 2001, che alla prova dei fatti si è sciolta come neve al sole, chiamata ‘Enduring Freedom’?
Cordialmente
Giovanni Amaducci