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Firenze, 2.12.16
“Sei contrario o favorevole al presente Governo?”. Col senno di poi, questa avrebbe dovuto essere la domanda sulla scheda dell’imminente quesito referendario costituzionale. Doverosa premessa: i maggiori responsabili del renzismo (ammesso che questo abbia un’accezione negativa PRIMA della pugnalata ad Enrico Letta), sono proprio i ‘Professori del NO’ (Zagrebelsky & C.), che in tempi non sospetti, all’idea di una qualsiasi riforma si giravano sempre dall’altra parte col nasino all’insù.
Tornando all’oggi, qualcuno a Firenze ha inaugurato la campagna per il ‘SI’ dicendo che se si entra nel merito delle cose la vittoria dovrebbe essere a portata di mano. Infatti sarebbe stata la prima cosa da fare con un fronte di indecisi così ampio, senza dover ricorrere a Pound (che tra l’altro era contro la speculazione bancaria) o a personalizzazioni del tipo ‘Dopo di me il diluvio’. L’effetto di aver dato il via a questo valzer è che oramai su ambedue i fronti tutti pensano di farsi una verginità in caso di vittoria. Nessun escluso. Così gli italiani, oramai divisi in due, passeranno a spernacchiarsi per i prossimi 50 anni qualsiasi sia il vincitore. E c’è chi vota ‘SI’ perché ha paura dell’avvento di Salvini o perché con Grillo arriva il fascismo (come se la Costituzione vigente fosse nata sotto il Ventennio e non sulle sue ceneri).
‘Status quo. Perché in Italia è così difficile cambiare le cose’: questo avrebbe dovuto essere il titolo della lettera che gli italiani dovevano ricevere a casa per invitarli a votare; ed invece è il titolo dell’ultimo libro dell’ex ‘Mr. Spending Review’ Roberto Perotti, dove si segnala “la difficoltà di disporre di banche dati omogenee… L’esempio che viene fatto sulla impossibilità pratica di avere una mappa precisa delle ‘partecipate’ è emblematico: la denuncia di questo sistema come di un cancro che divora non solo l’economia, ma anche la politica italiana è continua e condivisa” (‘Il Sole 24 Ore’, 25.9.16). Si sa che nelle ‘partecipate’ la politica ci sguazza, ma quanti miliardi verrebbero risparmiati? Il problema è che in questo caso, quanto più si prova a risparmiare, quanto più diminuisce il consenso politico.
Il problema delle ‘partecipate’ è stato posto al viceministro delle Infrastrutture Nencini per email il 30.9.16 (in allegato) in vista del suo coinvolgimento al convegno ‘Cosa cambia con l’approvazione del nuovo codice degli Appalti’, tenutosi a Piacenza il 3.10.16, dove si segnalava la vicenda di una azienda toscana messa sotto indagine dalla DDA di Firenze pochi giorni dopo aver ricevuto il rating di legalità dall’autorità di garanzia e concorrenza ( http://www.luccaindiretta.it/versilia/item/77418-sea-ambiente-ottiene-il-rating-di-legalita.html ). Al suddetto convegno in videoconferenza era collegato Michele Corradino dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), che ha informato i partecipanti come proprio il venerdì pomeriggio precedente (30.9.16) si stavano dannando per trovare una soluzione al problema su come assegnare i rating di qualità e legalità: chiamasi coincidenza. Ora sembra che il problema, come ha dichiarato il Procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, sia stato risolto: “L’Anac ha elaborato una sorta di algoritmo degli appalti che sono a rischio mazzette” (‘la Repubblica’, 26.10.16). Simpatici questi diavoletti dell’ANAC, non si capisce se fanno prima le pentole o i coperchi. Nella email al viceministro si poneva anche il problema se questi arresti in toscana non fossero riconducibili alla volontà un po’ frettolosa di imporre l’immunità ai nuovi senatori prevista dalla nuova riforma costituzionale. Quesito che rimane aperto a chi ha dei dubbi sul quesito referendario, come anche riporta il volantino del ‘NO’ (“Regala l’immunità a 95 Sindaci e Consiglieri Regionali”).
Nel medesimo giorno dell’intervista al Procuratore Ielo, e sempre sullo stesso quotidiano è stato allegato un inserto di oltre trenta pagine dedicato all’Emilia Romagna di cui una parte riservate alle coop: quasi un inno al mutualismo. Il quadro invece che ne esce dal libro dello scorso aprile di Antonio Amorosi ‘Coop Connection‘ (Ed. Chiarelettere) è tutt’altro che paradisiaco, se non dal punto fiscale: “Le grandi holding coop possono eludere il fisco per legge. Per Costituzione. Con un’evasione sistematica, certificata. Perché sulla carta sono enti che svolgono attività mutualistiche”. L’art. 45 della Costituzione vigente così recita: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata…”. A costo di prendere fisco per fiasco, perché questo articolo non viene abolito o rimodulato dalla nuova riforma?
L’ultimo capitolo del libro di Amorosi è intitolato ‘Gli immigrati tanto «cari» alle coop’ ove si legge: “Sisifo, che ha la sede centrale allo stesso indirizzo di Legacoop Sicilia, e quasi tutti i dirigenti coinvolti in inchieste giudiziarie tra scandali di varia natura, controlla la Sicilia ed è monopolista del settore con venticinque Cooperative sociali aderenti a Legacoop… Nonostante trecentocinquantamila immigrati coinvolti e centomila ospitati, lo Stato italiano non ha ancora istituito una contabilità analitica dei costi sostenuti. E quando chiedo formalmente un rendiconto della distribuzione del denaro, struttura per struttura, il ministero dell’Interno chiude le comunicazioni”.
Come riportato il 19.10.16 dal sito de ‘La Stampa‘ durante il processo per Mafia Capitale “L’atteggiamento «smemorato» della Campana ha fatto arrabbiare più di una volta la presidente della Corte, Rossana Ianniello: «Le ripeto per la quarta volta, mentire sotto giuramento è un reato molto grave»… La deputata Dem era stata convocata in aula per fornire spiegazioni circa le sollecitazioni di Buzzi per ottenere un’interrogazione parlamentare sull’appalto relativo a un centro rifugiati… Perplessità tra i pm anche in merito al coinvolgimento di un viceministro. Il sostituto Luca Tescaroli chiede alla Campana per quale motivo fissò un incontro tra il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico e Salvatore Buzzi”: è probabile che la conversazione tra il viceministro e il ras delle cooperative non vertesse sulla condizione fisica del capitano della Roma Totti, ma bensì sulla gestione degli immigrati.
Intervistato il 25.10.16 da ‘il Sussidiario‘ l’ex Ministro della Difesa Mario Mauro del governo Letta afferma: “La spesa pubblica in favore dei migranti fa prodotto interno lordo e nello stesso tempo non viene conteggiata per il deficit da parte della Ue… Se l’Italia arriverà a fine anno con 200mila e più migranti, un ‘risultato’ a portata di mano, avremmo un più 0,2 sicuro, cui va aggiunta la spesa per il terremoto, anch’essa scomputabile dal deficit”.
Anche Fabrizio Gatti su ‘l’Espresso’ dell’11.9.16, oltre a tirare in ballo le medesime cooperative che gestiscono i Centri di Accoglienza Richiedenti Asilo (CARA), nel suo reportage fotografico rende bene l’idea di come questi migranti vengano stipati o compattati come sardine. Sarà per quello che l’hanno chiamato ‘Migration Compact’? Essendo poi stata varata una legge sugli appalti, oltre alle partecipate, si dovrebbe porre il problema se le cooperative abbiano o meno dei vantaggi quando vengono indette le gare. E’ sempre Gatti che scrive: “Forse non ci sono abbastanza soldi per seguire il modello tedesco. Oppure noi italiani siamo troppo furbi, oggi… La ragione del fallimento si trova già nella gara d’appalto per gestire il Cara… Una cifra di partenza che equivaleva a 30 euro al giorno a persona. E il consorzio ‘Sisifo’ di Palermo si è aggiudicato il contratto con uno sconto di 8 euro. Ha abbassato la diaria a 22 euro e rinunciato quasi a cinque milioni e mezzo in tre anni. La logica matematica ci suggerisce una sola cosa: o i funzionari della prefettura di Foggia hanno sbagliato a formulare i prezzi, o il consorzio Lega Coop sapeva di non starci nelle spese… Comunque il ministero dell’Interno chiede sempre di aumentare il numero di ospiti di qualche centinaio”.
Sulla gestione dei richiedenti asilo, l’Italia da un punto di vista geografico è senza dubbio il paese più esposto, ma ciò non deve costituire un paravento. Ora ai sensi di legge, dato che c’è il tanto sospirato Freedom of Information Act (FOIA), sia la deputata Campana, ma soprattuto il viceministro Bubbico dovrebbero rendere trasparenti i costi di gestione dei migranti. Sennò il Commissario all’Economia Moscovici (che formalmente legge in copia) come fa a concedere maggior flessibilità se non ha la garanzia che i soldi siano stati impiegati correttamente?
Quindi se i soldi comunitari non bastano, è solo un problema di flessibilità o c’è dell’altro? Tanto più che queste cortine fumogene sulla richiesta di maggior flessibilità all’Europa, si volatizzano al cospetto dell’art. 81 sul pareggio di bilancio messo in Costituzione durante il Governo Monti.
Per non parlare dei bonus. Scrive Davide Giacalone su ‘il Giornale’ del 18.11.16: “C’era una cosa che non si sarebbe dovuta fare…: legare il risultato referendario alla stabilità dei conti e dei debiti italiani. L’ha fatto. Ormai il governo è la sede in cui si usano i toni e il cipiglio degli antieuropeisti (cosa si sarebbe detto, cosa avrei detto, se una roba simile l’avesse fatta un governo di destra)… Ma al presidente del Consiglio non importa nulla, a lui serve ciucciare il consenso dell’antieuropeismo. Rimuovendo bandiere e facendo la banderuola. Dall’incontro di Ventotene… al frignare demagogico. Un ortottero a Palazzo Chigi, con la pretesa di frinire per allontanare i grilli… Rimandiamo tutto al dopo il 4 dicembre, ma mettiamoci in testa una cosa: se prevale questo genere di continuità interna si esaurirà la tolleranza esterna. E noi dipendiamo dal nostro debito pubblico… Solo un virtuoso del saltafosso può così velocemente zompare dal politicamente corretto obamiano al trumpista carretto del vincitore”.
Queste cose ci si sarebbe aspettato di leggerle nei sermoni domenicali di un noto quotidiano romano; ma a ciò va aggiunto quanto dichiarato dal Presidente dell’INPS Boeri al ‘Corriere della Sera’ del 28.10.16: “Secondo le nostre stime, ciò che oggi è scritto nella legge di bilancio – gli interventi sulla quattordicesima, sui lavoratori precoci e la sperimentazione sull’Ape social (l’anticipo pensionistico a spese dello Stato) – aumenta il debito pensionistico di circa 20 miliardi” ( http://www.corriere.it/economia/16_ottobre_28/mia-riforma-costava-meno-072d1798-9c83-11e6-aac3-b67f2733f2fe.shtml ). Ma allora con questa spesa pubblica fuori controllo perché nella riforma costituzionale non è stata inclusa la rimozione/riformulazione del suddetto articolo? O una volta approvata la riforma, nella legge di bilancio 2018 i cittadini si troveranno forse di fronte a miliardi di tagli alla spesa pubblica, senza più bonus ma solo con i malus?
Sul debito pubblico, la recente cena alla Casa Bianca, piu che un Dinner State, poteva chiamarsi anche Dinner Stanley, visto che qualche banca statunitense fa i salti di gioia quando il debito italiano aumenta.
Quanto al ‘Migration Compact’, l’Italia ha mandato un politico e non più un diplomatico a rappresentare l’Italia a Bruxelles interrompendo una lunga tradizione; e dopo le dimissioni della Guidi al suo posto si è spedito da Bruxelles a capo del Ministero dello Sviluppo Economico Claudio Calenda, proprio colui che lo aveva battezzato. Qualcuno su un importante quotidiano economico italiano a settembre lo ha fatto notare, ed anche il corrispondente di europeo ‘Politico’ Ryan Heath ha parlato di “Calenda’s U-turn”, cioè di una virata a 180°. Ora chi è a capo del MISE è alle prese con l’Industria 4.0. Su questo tema ad un convegno organizzato da ‘EnergiaMedia‘ tenutosi a Modena il 7.4.16 è venuto fuori il nome di Bersani (l’usato sicuro) quale capostipite di ‘Industria 2015’, cioè basata sugli obbiettivi.
Come suggerito anni fa ( https://www.civitasdemocratica.it/2014/11/22/youdorm/#Lavoro ) anche la legge sul lavoro avrebbe dovuto avere la stessa filosofia degli obbiettivi. Nell’intervista a Boeri del ‘Corriere’ si legge: “Nel 2015 c’è stato un forte incremento del lavoro dipendente e dei contratti a tempo indeterminato… Poi nel 2016 il numero di questi contratti si è stabilizzato”. Vanno benissimo gli incentivi, ma avrebbe dovuto esserci una contropartita da parte delle aziende. Magari se Boeri fosse stato un po’ più precisino nel dire quante di queste assunzioni sono trasformazioni, aiuterebbe a capire meglio. Proviamo ad indovinare. Va premesso che senza QE di Draghi saremmo tutti col sedere per terra, ma ad esempio se si fa una legge di riforma del lavoro ed il giorno dopo vi sono 500mila posti in più, significa che si è usato troppo doping. Con gli obbiettivi ci sarebbero stati meno assunti nel breve termine e meno spesa pubblica, ma nell’arco dei 3-5 anni la crescita (ed il PIL), se accompagnata in maniera strutturale da una riforma dei centri per l’impiego, probabilmente avrebbe avuto incrementi significativi. Quando una persona è sufficientemente formata diventa in teoria in grado di far lavorare anche le altre. Ora se secondo i dati di Boeri ci sono state ben oltre mezzo milione di regolarizzazioni (ben vengano, s’intende), come mai a fronte di una politica di così forte stimolo, il PIL è dello zero virgola? E comunque senza un’unione fiscale a livello europeo, stiamo a parlare del sesso degli angeli.
Il rappresentante dell’ENEA al suddetto convegno modenese ha testualmente detto che “Bersani è stato un ottimo ministro dell’Industria”, cosa confermata dall’ex direttore de ‘l’Unità’ Peppino Caldarola (“gran ministro”) lo scorso 15.9.16 nel difendere quest’ultimo dagli attacchi da parte dell’attuale direttore del quotidiano del Pd Sergio Staino ( http://www.lettera43.it/it/articoli/politica/2016/09/15/lunita-oggi-e-un-giornale-di-regime-che-fa-orrore/202233/ ).
Il quale nel settembre 2013 disse che “Questo congresso lo vincerà Renzi, al che io me ne andrò. Questo esperimento di unire la tradizione laica e cattolica è fallito”): ma ‘ndo cori?
Al termine del libro ‘Rottamare Renzi?’ (Editori Internazionali Riuniti, 2012) l’autore Alessio Aringoli, oltre che scrivere sulla copertina di chiusura “Matteo Renzi in realtà non è altro che un epigono della Seconda Repubblica”, alla fine ringrazia Matteo Orfini, oggi Presidente del Pd. Sembra che chi una volta criticava con maggior veemenza l’ex Sindaco di Firenze oggi sia stato ‘sistemato’.
Nel libro di Aringoli vi è un capitolo dedicato all’ex premier britannico, che anche senza il giudizio della corte, l’opinione pubblica aveva già bollato con l’epiteto di ‘Bliar’. Il quale con l’altro inseparabile compagno di merende americano, la coppia B&B, ha fatto un bel servizio all’umanità con la guerra in Irak, con l’effetto di destabilizzare tutto il Medio Oriente: non si sa se l’ex premier britannico sia ancora il “riferimento culturale e politico” dell’attuale inquilino di Palazzo Chigi, ma dalle presunte armi di distruzione di massa siamo approdati, come accennato, alla vera migrazione di massa.
Anche Scalfari, nel ripondere nel settembre 2012 all’ex editorialista de ‘La Stampa’ Luca Ricolfi, ci dava dentro nello stroncare l’ex Sindaco di Firenze. Addirittura alla presentazione del suo libro ‘La passione dell’Etica’ nell’ottobre 2012 alle ‘Oblate’ senza troppi misteri fece intendere che lui, avendo oramai acquisito un sesto senso per i potenziali dittatori, ammoniva il pubblico fiorentino da future sventure. Oggi invece basta una cena a tre al largo di Ventotene per incoronare colui una volta era destinato a divenite un Ducetto, ad essere la reincarnazione di Spinelli.
Piuttosto dov’è finita la sua verve quanto c’era il Cav e brontolava (giustamente) sul suo conflitto di interesse: morbo di Alzheimer? Speriamo sia questo il motivo altrimenti si dà ragione a chi ha scritto che “L’odiare Silvio Berlusconi è una cosa che fa sentire fighi, è un’invenzione italiana per stare dalla parte del potere fingendo di fare la Resistenza” (Massimilano Parente, ‘il Giornale’, 5.9.16).
Una delle ragioni per cui l’Italia è rimasta inchiodata da un punto di vista industriale è perché l’attenzione politica era riversata quasi interamente a questa lotta senza quartiere tra due gruppi editoriali per il controllo una nota cassa editrice di Segrate. Come se tutto il resto non importasse, ed ecco il risultato. Ora Scalfari tratta come “feti adulti” (copyright P.P.P.) coloro che tentano di mettersi al suo livello (ad es. Barbara Spinelli, Zagrebelsky), sempre con questo tono da padre della patria, quasi fosse stato insignito di medaglie al valor militar conseguite durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Prima delle elezioni americane si scaglia contro Trump ed il populismo, prende il telefono (!) ed impartisce ordini ai potenti di turno su come deve essere la legge elettorale, perché non gli piace il ballottaggio. Questa è bella: visto che in Francia esiste ancora, ma non era proprio lui che ha continuato a menarla con ‘Liberté, égalité, fraternité’?
Il populismo c’è chi lo assimila solo a faciloneria e demagogia, ma lo si può anche intendere come una rivendicazione del popolo stesso; che sarebbe stata meno veemente se ci si fosse battuti per un’unione fiscale e per l’abolizione, in coerenza con il tentativo di abolire il Senato italiano, di un un autentico doppione burocratico che ha sede a Strasburgo.
Una legge elettorale non la si deve fare contro qualcuno, sui principi non si scherza. Poi non si sa come quella attualmente in vigore possa passare indenne al cospetto della Consulta sulle pluricandidature; ma quello che più sconcerta è che quasi nessuno abbia denunciato con forza che sia stata pensata solo per la Camera, non tenendo in considerazione l’ipotesi della vittoria del ‘NO’ al referendum. Quello di cui difetta inoltre non è tanto il ballottaggio, semmai la libertà di scelta da parte di una lista di potersi coalizzare o meno al primo turno. Le maggioranze composte da coalizioni non sono stabili a causa dei campi di casacca? Basterebbe mettere dei vincoli alla transumanza una volta eletti e, un po’ come si fa a scuola (nella Buona Politica), chi fa il 30% si assenze ingiustificate perde il posto all’osteria e viene automaticamente rimpiazzato dal secondo classificato della rispettiva circoscrizione.
Scalfari tratta Grillo allo stesso modo in cui trattava l’ex Sindaco di Firenze quando stava affacciandosi sulla scena nazionale. Problema che viene da molto, molto lontano: evidentemente sin da piccino gli hanno insegnato a sciare solo con lo snobboard.
Poi se la prende con il Sindaco di Roma Raggi, perché come molti pendolari romani, soffre il disagio di non poter prendere la linea C dalla periferia al centro: ma non era l’ex Sindaco Veltroni (in arte VW) che diceva che i lavori sarebbero terminati nel 2011? Poi quando gli va, nei suoi editoriali domenicali cita Lutero (siamo a Lutero in affitto). Una degli elementi scatenanti che hanno preso il sopravvento nella coscienza di quest’ultimo era proprio nel sistema delle indulgenze gestite dalla Chiesa romana. Che 500 anni dopo si chiamano tangenti. Senza giustificare l’operato dell’attuale Sindaco di Roma, ma da un punto di vista etico non sarebbe il caso che ci si occupasse anche di come sono stati gestiti in passato i soldi pubblici?
Forse una delle cose positive della nuova amministrazione capitolina è quella di aver aumentato il numero dei vigili in giro per la città. Sarà poco, ma nelle maglie c’è finito anche il premio Oscar del cinema italiano, in arte Johnny Stecchino. Colui che diceva che il problema più grosso a Palermo era il traffico. Forse allora (1991), prima delle stragi di Capaci e via d’Amelio, aveva già intuito che la mafia stava nella Capitale?
Se Scalfari è affranto per non poter prendere la metro, ci pensa il suo allievo ad utilizzare i mezzi pubblici: “Cercando la sinistra conviene salire sul tram numero 6 al capolinea di piazza Hermada nell’Oltrepò torinese e poi proseguire col 3 da corso Tortona” (Ezio Muro, ‘la Repubblica’, 20.11.16).
La crisi dei giornali ha colpito tutti, ma chi la scorsa estate raccoglieva le firme per il referendum costituzionale in una piazza fiorentina ha testualmente detto: “Ho smesso di comprare la Repubblica dopo che è scomparso D’Avanzo”. Altri invece hanno drizzato le antenne dopo il matrimonio con ‘La Stampa’: le cosiddette “radici comuni” (copyright E.Mauro): eh sì, ma quando era sul tram a Torino (si spera abbia pagato il biglietto, visti i bilanci) ha provato spiegarglielo ai suoi compagni di viaggio, o aveva il timore che lo sollevassero di peso e lo gettassero direttamente fuori dal finestrino? Piuttosto, a proposito di politica industriale, perché non dice chiaro e tondo in prima pagina che un noto gruppo automobilistico torinese, con sedi fiscali in giro per il mondo, ha clamorosamente sbagliato a non investire nelle macchine ibride?
Inutile nascondersi, si sa su quale partito si è sempre appiattito il gruppo editoriale dell’Ingegnere. Ed a questo proposito val la pena rispolverare ciò che attesta l’ultimo sondaggio Tecné: “Il Pd di Renzi è sempre più il partito dei ricchi. A votarlo sono soprattutto le fasce socioeconomiche più benestanti, mentre i partiti di centrodestra rappresentano la classe media e i Cinque Stelle le fasce più povere” (‘il Sussidiario’, 1.11.16): nostalgia del “carissimo nemico”? (E.Mauro,’L’Espresso’, 25.9.16)
Nel dubbio si riporta il commento di un lettore del giornale di proprietà del fratello del “carissimo nemico”: “Enrico Berlinguer, Nilde Iotti e Pietro Ingrao, dalle cui idee si poteva e si può dissentire, erano persone oneste. Non avrebbero per nessuna ragione al mondo votato ‘SI’” (‘il Giornale, 24.9.16’).
Scalfari aveva detto che se non fosse stata modificata la legge elettorale avrebbe votato ‘NO’ al referendum. La legge non è stata ancora modificata, ma par proprio di capire dall’ultimo editoriale che voterà ‘SI’. Nulla di male se uno vota ‘NO’ o ‘SI’, è che questo piroettismo rischia di far invidia persino al primo ballerino del Bolshoi.
Anche uno stretto collaboratore dell’ex premier britannico Cameron, nello spiegare la Brexit, si è accorto che in Italia vi sia una certa tendenza alle giravolte: “Italy’s Matteo Renzi looked like an ally and could always be relied on to voice criticism of the EU. But while he might rail against the consensus in Council meetings, he usually folded quickly and agreed to whatever text had been prepared the day before” (Daniel Korki, ‘Politico’, 20.10.16).
Ed è sempre il giornale ‘Politico’ di Bruxelles ad informarci delle giravolte europee italiane per non approvare il bilancio UE: “l’Italia non manderà nessuna rappresentanza politica al Consiglio Agricoltura e Pesca del 14 e 15 novembre” (Jacopo Barigazzi). “Non si può avere voce in capitolo a Bruxelles se si è rappresentati da governi che cambiano in continuazione…” (Sergio Fabbrini, ‘Il Sole 24 Ore’, 9.10.16): si riferiva a Matteo 1.0 o 2.0?
Tornando in Italia, se i passivi del Comune di Torino e Roma sono quello che sono, di chi è la colpa? E allora veniamo ai sindaci-senatori previsti dalla riforma costituzionale. Avrebbe un senso se i candidati sindaci venissero fatti camminare su un red carpet come si fa nei concorsi di bellezza. In questo caso il Sindaco di Firenze Nardella (de gustibus) avrebbe senz’altro più possibilità del Sindaco di Catania Enzo Bianco: ma allora qual è la logica? Non avrebbe avuto più senso eleggere il Sindaco del capoluogo della regione in questione?
Chi invece si è fatta beccare sul red carpet alla presentazione del film ‘Inferno’ a Firenze è la “instancabile” senatrice Di Giorgi. Su ‘la Repubblica-Firenze’ del 9.10.16 appare truccatissima quasi come una star in compagnia dell’attuale ed ex Sindaco di Firenze; ma nella pagina seguente si titola ‘Sos assegnazioni, pensionati in aiuto’, dove “Molti ragazzi disabili sono ancora senza insegnante di sostegno” durante l’avvio della Buona Scuola. Avendo avuto la delega all’Educazione nel capoluogo toscano, per dirla alla fiorentina, verrebbe da chiederle: “ma un gl’era meglio se la rimanea a Firenze?”. Anche perché, parlando di Scuole Belle, come mai ad un saggio musicale in un’istituto scolastico a Roma che dista un centinaio di metri dal colosseo (che ha persino l’indirizzo internet con il dominio del Governo), lo scorso 24.5.16 (prima delle elezioni comunali) non solo mancava la carta igienica “ma anche” (VW) le maniglie delle porte dei bagni? Rimettere in sesto tutte le scuole italiane è un compito certamente gravoso, e se Roma kaputt mundi c’è da immaginarsi il resto d’Italia. Con gli slogan…
Dalla Buona Scuola arriviamo a ‘l’Università in declino’; che è il titolo dell’incontro svoltosi in Rettorato a Firenze lo scorso 21.3.16 dove il Prof. Trigilia conferma molte cose che si sanno da anni, e cioè che “l’Italia ha la quota di spesa pubblica nelle università in rapporto al PIL più bassa di alcuni dei principali paesi europei con cui ci confrontiamo (metà ca di Francia e Germania)”, che “in termini pro-capite la spesa italiana per l’Università sia la più bassa (di 100 euro / confrontati per es. con i ca 300 della Germania e della Francia)” e che “Tra il 2003-04 e il 2014-15, gli immatricolati diminuiscono complessivamente di 70 mila unità, ma più della metà del calo si concentra nel Mezzogiorno… Con l’acuirsi delle difficoltà economiche dovute alla crisi degli ultimi anni, le famiglie hanno ridotto le spese in istruzione e questo è avvenuto maggiormente nelle regioni meridionali, dove i redditi delle famiglie sono più bassi”. Si aggiunge che esiste anche un problema di iscritti per singolo docente che dovrebbe essere uguale su tutto il territorio (e perché mai non anche a livello europeo?); anche in ambito di competenze: il giorno che uno studente del nord andrà ad iscriversi in una facoltà del sud sarà un gran giorno, ma se si pensa che buona parte di queste informazioni sui corsi di studio a livello europeo erano state messe su internet venti anni fa…
Al ‘creative innovation festival’ di Brescia, tenutosi il 2.10.16, nell’illustrare un prototipo di ‘Industria 4.0’ uno degli standisti ha messo in evidenza come le competenze siano difficili trovare in un distretto già assai industrializzato come quello bergamasco-bresciano. Figurarsi in una zona come la Locride! Imperativo quindi mettere mano ai corsi di studi: uno studente che esce da un istituto tecnico deve saper architettare/sviluppare i microcontrollori. Con i Presidi manager… Ecco, se c’era una persona adatta a questo tipo di lavoro, questa era proprio l’ex Ministro Carrozza del Governo Letta, esperta di robotica. Ma si parlano talvolta con i segnali di fumo il Ministero dello Sviluppo Economico e quello del MIUR, o aspettano che il Sindaco di Roma gli costruisca la funivia per metterli in contatto?
In ambito di ricerca scientifica, al già citato convegno fiorentino dello scorso marzo viene fuori che i fondi stanziati dall’attuale Governo rispetto al passato sono in aumento. Quantità però non è sinonimo di qualità, ed ad un altro convegno tenutosi successivamente sempre in Rettorato a Firenze il 19.5.16 dal titolo ‘Attualità dell’effimero urbano‘, Perluigi Panza del ‘Corriere della Sera’ ha affermato che “oggi l’effimero serve per il consenso comunicazionale”, ironizzando sul ‘Leonardo da Vinci Project’ che avrebbe lo scopo di ricercare il DNA, compararlo con quello di parenti presunti per una nuova visione del genio di Vinci. In effetti su ‘Il Sole 24 Ore’ del 24.4.16 Gilberto Corbellini, contrario all’operazione ‘Human Technopole’, denuncia il “degrado istituzionale” della ricerca: “Tra gli ultimi atti del presidente uscente del CNR, c’è la firma di una convenzione con la Fondazione Cellule Staminali di Terni, per trasferirgli senza alcun bando oltre 11milioni di euro dal MIUR. Convenzione finalizzata alla realizzazione di un progetto dal titolo molto generico, nel quale la Direzione Generale del MIUR ha un interesse (che non è spiegato) e di cui il CNR curerà tutte le parti amministrative”. Primo problema: al leggere questa notizia, visto che non ci sarebbe stato bando, un qualsiasi membro dell’ANAC dovrebbe immediatamente scattare sull’attenti e chiedere le dimissioni dell’attuale Ministro. Secondo problema: secondo l’accezione del termine populismo che ne dà qualcuno, come va chiamata allora l’illusione di trovare l’elisir dell’invecchiamento bombardando il cervello di cellule staminali quasi fossimo in un film di guerre stellari?
Sempre al convegno fiorentino dello scorso maggio, il capo della stampa estera in Italia, Maarten van Aalderen, ha intitolato il suo intervento ‘Restaurare, ma anche osare. Dai guanti alle ruspe’, lamentandosi che in Italia le sovrintendenze bloccano i lavori. Detto fatto: di lì a poco, in mondovisione, crolla Lungarno Torrigiani proprio davanti agli Uffizi. Come mai l’olandese volante non ha fatto anche il ruspante, togliendosi i guanti e venendo a dare una mano a restaurare?
Quello che è successo a Firenze investe più o meno direttamente un’azienda come ‘Publiacqua’ dove ci ha lavorato in qualità di Presidente Erasmo D’Angelis, ex direttore de ‘l’Unità’; che nel suo libro ‘Come riparare l’Italia’ (Dalai editore, 2012), prefazione di Giorgio Napolitano, profetizzava: “No, non siamo un paese di furbi. Lo saremo solo se riusciremo a risolvere due storiche debolezze italiane: il dissesto idrogeologico e il deficit di infrastrutture del ciclo dell’acqua (tubi, acquedotti, fognature, depuratori)… Due settori sui quali i governi avrebbero dovuto orientare da decenni risorse…”. Lui di tubi evidentemente ne capisce, ed è per questo che hanno provato a metterlo alla direzione del quotidiano fondato Antonio Gramsci: forse gli hanno raccontato che invece ‘Lettere dal carcere’ quest’ultimo avesse scritto ‘Le mie prigioni’, e continuare così la collana editoriale con ‘Le mie tubazioni’. Poi però purtroppo arriva il terremoto di Amatrice, cambio di passo, e improvvisamente nasce ‘Casa Italia’.
Qualora fosse stato costruito il Ponte sullo Stretto, e poi crollato dopo la prima scossa di terremoto, a qualcuno il giorno seguente, tanto per dimostrare di essere sempre all’avanguardia in tema di improvvisazione, sarebbe senz’altro venuto in mente di indire il ‘Ponte Italia’. E dal lì singhiozzare per chiedere altri miliardi di flessibilità alla UE.
A conferma dei problemi esistenti al sud, al convegno ‘Acqua 2.0‘ tenutosi a Roma il 24.6.16 all’indomani della Brexit, Cecilia Ronco facente parte della struttura di missione dissesto idrogeologico presso la Presidenza del Consiglio, durante il suo intervento ha denunciato come al Sud non si faccia innovazione ma solo manutenzione ed ha esortato le Regioni a mettersi in moto in quanto vi è un’Italia a 2 velocità dove le infrazioni comunitarie sono soprattutto in Sicilia, Campania e Calabria, pari a 200milioni l’anno. Tutto condivisibile, però quando a fine convegno le si è chiesto se, essendo le infrazioni commesse soprattutto nel Mezzogiorno, non si fosse perso l’occasione storica di abolire lo Statuto Speciale della Regione Sicilia, costei è rimasta letteralmente senza risposta.
Se si vuole paragonare il federalismo tedesco con quello previsto dalla riforma, in Germania non si ha notizia di Lander con statuti speciali.
Oltre che “raccontare lo sbarco degli Alleati nel sud dell’Italia come un punto di svolta per le sorti non solo della Seconda Guerra Mondiale ma anche della diffusione tentacolare di Cosa Nostra”, non si sa se Pif abbia fatto uscire il suo ultimo film ‘In guerra per amore’ poco prima del referendum perché voleva dare un messaggio. Però, non si è persa un’occasione storica? Se si facesse un sondaggio in Trentino-Alto Adige fra ‘SI’ e ‘NO’, probabilmente stravincerebbero i primi perché sono gelosissimi della loro autonomia. Ed a ragione, perché i soldi li sanno spendere e rendicontare. Invece in Sicilia ci salverà il Ponte sullo Stretto? Come già accennato, essendo stata appena varata una legge sugli appalti cosa facciamo: la posa in opera del pilone in Calabria la si fa pagare una cifra X, mentre invece quella in Sicilia dieci, cento volte tanto? Più che dello ‘Stato delle co(s)ce’, tanto per rivangare una vignetta de ‘il Fatto Quotidiano’, invece non ci si dovrebbe preoccupare dello ‘Stato delle cosc(h)e’?
E se l’andazzo continuerà, la Commissaria alle politiche regionali della Commissione Europea non inizierà a dirottare più fondi verso l’est europeo che non verso il Mezzogiorno? E allora quale vantaggio porterà in merito la riforma costituzionale?
Sempre nell’intervista a Boeri si legge: “Il nuovo titolo V (che riporta verso il governo parte dei poteri delle regioni) potrebbe darci gli strumenti per fare meglio le politiche sociali in Italia, anche perché in passato si era andati troppo in direzione del decentramento… ci sono differenze notevoli fra province nell’accesso all’indennità di accompagnamento, che non si possono spiegare con l’età media degli abitanti o con la loro salute… Va garantita uniformità sul territorio nazionale nel fare gli accertamenti, vincendo le resistenze di molte Regioni. Meglio un’infrastruttura nazionale unica per questo”. Appunto, ma con i costi standard come la mettiamo: 50 centesimi (cifra a caso) per una siringa in Piemonte, ma 5 euro a Canicattì?
Al ‘Big Data Tech 2016’ tenutosi a Firenze lo scorso 20.10.16, un’azienda (LazioCrea) ha dimostrato come informatizzando, e quindi centralizzando, il sistema sanitario della Regione Lazio si sia risparmiato nel 2015 la bellezza 933 milioni, e grazie ai GIS, che permettono la geolocalizzazione, la possibilità di monitorare la spesa farmaceutica convenzionata. Se questo metodo fosse adottato anche in altre regioni come la Campania saremmo a cavallo. Finché le redini sono rette da uno coscienzioso. Ma altrimenti? Altrimenti Maurizio Belpietro su ‘La Verità’ del 21.9.16 ci spiega cosa lo ha obbligato a lasciare la direzione di ‘Libero’ ed intraprendere la sua nuova avventura editoriale: “Ma chi più salta sulla sedia è Giampaolo Angelucci, l’editore di ‘Libero’. Sicuramente il figlio minore del re delle cliniche quell’articolo con tutte le carte dell’inchiesta sul padre del presidente del Consiglio non lo legge volentieri. Da anni è impegnato in una complessa trattativa per farsi pagare montagne di fatture arretrate dalla Regione Lazio”. Soliti conflitti di interesse che dovrebbero riguardare anche il sistema sanitario della Regione Toscana. L’azienda che ne gestisce il sistema informatico è la ‘Dedalus’; poi se uno paga il ticket nelle ASL i totem sono di marca ‘Bassilichi’; se uno invece lo fa in un istituto privato come la ‘Humanitas’ sui totem si legge ‘Chianti Banca’. Società e banche che fanno politicamente riferimento ad una persona: vogliamo andare verso una Repubblica o una Signoria?
Sempre in materia di conflitto di interesse, in un suo recente servizio la Gabanelli su ‘Report’ ha messo ben in evidenza lo scontro proprio tra Boeri ed il suo Direttore Generale, ex capo del personale dell’ENEL (poi dimessosi), per una presunta evasione INPS da circa 40 milioni da parte dell’azienda energetica (a proposito di diminuzione dei costi della politica). Sul volantino del ‘SI‘ sta scritto che tornano “allo Stato energia, infrastrutture, promozione turistica”. A parte che non si capisce se ci sarà la tanto sospirata separazione fra distribuzione e vendita, ma come gia segnalato ( https://www.civitasdemocratica.it/2016/09/19/mestambiente/ ), come mai dopo che era stato annunciato alla Leopolda che la legge sul conflitto di interesse sarebbe stata fatta entro i primi 100 giorni di governo, siamo ancora al palo?
Si possono fare tutte le leggi elettorali e riforme costituzionali che si vogliono, ma se prima non si risolve il problema della provenienza dei fondi per le campagne elettorali… Facile vincere quando si ha le spalle coperte da dei colossi energetici (ma non solo). E ci siamo capiti.
In sintesi:
1) Perché l’immunità ai nuovi membri del Senato?
2) Perché non è stato riformulato l’articolo 45 della Costituzione che riguarda le cooperative?
3) Perché non è stato modificato/riformulato l’art. 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio?
4) Qual è la logica per l’elezione dei sindaci-senatori?
5) Perché non è stato abolito lo Statuto Speciale della Regione Sicilia?
6) Quali vantaggi porterà la riforma costituzionale in ambito di gestione dei fondi regionali dell’Unione Europea?
7) Perché non è stato approvato il DDL concorrenza PRIMA del referendum?
Fare una riforma costituzionale perfetta è impossibile. Ma senza invece entrare nel merito della stessa, proviamo invece a rispondere sul perché una riforma, che in teoria ha dei buoni propositi, stia incontrando così tanta diffidenza.
Oltre ad averla personalizzata (bel capolavoro), ci sono anche motivi che non c’entrano un bel niente con la Costituzione; che vanno dal famoso tweet antecedente all’estromissione di Enrico Letta, a quella di Perotti, all’esclusione in RAI di Porro e Berlinguer, a quelle di De Bortoli e Belpietro, per passare a quelle dell’AD di MPS Viola, per citarne i più vistosi.
Al che uno si domanda: ma se passa la riforma, non è che faranno definitivamente piazza pulita?
Riformare è forse sinonimo di ‘okkupare’ di tutto e di più? Ed il risultato di questo dubbio è che molte persone che attendevano da anni di diminuire i costi della politica, si recheranno ai seggi non a votare per qualcosa, ma per votare contro qualcuno.
Prima blairiano, poi kennediano, obamiano, spinelliano, clintoniano, trumpiano. E poi il Migration Compact, Scuole Belle, Buona Scuola, Casa Italia, Jobs Act e via dicendo: dopo tutti questi nomi immaginifici, non è che l’attuale Governo (non eletto), per guarire le sofferenze degli italiani, ha intenzione di promulgare il ‘Moment Act‘?
Cordialmente
Giovanni Amaducci
*poi inoltrata a: segreteria@libertaegiustizia.it